“Non è che volevo essere felice, questo no. Volevo salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri”
OceanoMare è uno di quei libri mi è rimasto dentro e che ho letto più volte.
Un racconto che viaggia tra poesia, vicende, con un immenso filo conduttore: l’oceano. La prima volta l’ho letto sugli scogli, di fronte il mare, d’estate con le musiche di Ludovico Einaudi e la mia mente viaggiò a non finire.
Il racconto si svolge in un clima surreale con dei personaggi molto particolari, ognuno a modo suo, come il professore Bartleboom che cerca di scoprire il punto in cui finisce il mare, o il pittore Plasson che dipinge solo con l’acqua marina e tanti altri.
Tutti i personaggi si ritrovano su una zattera, vittime di un naufragio, e devono cercare il modo per salvarsi.
La storia, a mio avviso, non è la protagonista di questo libro, l’atmosfera è magica, ogni personaggio sembra più dipinto che scritto, il mare è una metafora esistenziale di vita e questi tre elementi sono ciò che rende questo libro una perla.
Tratti dal libro:
Non ha mura, Timbuktu, perché da sempre pensano, laggiù, che la sua bellezza, da sola, fermerebbe qualsiasi nemico.
Gli venne in mente, senza spiegazioni, una della tante leggende che circolavano su quella città: che le donne, laggiù, tenevano un solo occhio scoperto, meravigliosamente dipinto con terre colorate. Si era sempre chiesto perché mai avrebbero dovuto nascondere l’altro. [...]
Perché nessun uomo potrebbe reggere il loro sguardo senza impazzire.
Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare.
Il mare – vide il barone sui disegni dei geografi – era lontano. Ma soprattutto – vide nei suoi sogni – era terribile, esageratamente bello, terribilmente forte – disumano e nemico – meraviglioso. E poi era colori diversi, odori mai sentiti, suoni sconosciuti – era l’altro mondo.
A volte basta nulla per dimenticare il gran mare di latte che intanto ti frega. È sufficiente magari il rumore chioccio di una parola strana. Enciclopedia. Una sola parola. Partiti. Tutti quanti.
- Sapete una cosa? Avrei detto che gli ammiragli stessero sul mare…
- Anch’io avrei detto che i preti stessero nelle chiese.
- Oh, bè, sapete, Dio è dappertutto…
- Anche il mare, Padre. Anche il mare.
Una strada dentro, ce l’hanno tutti, cosa che facilita, per lo più, l’incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, la complica. Adesso è uno di quei momenti che la complica.
Volendo riassumere volendo, è quella strada, quella dentro, che si disfa, si è disfatta, benedetta, non c’è più. Succede. Credetemi. E non è una cosa piacevole.
Immaginava la sua anima come un quieto villaggio saccheggiato e disperso dall’invasione selvaggia di una vertiginosa quantità di immagini, sensazioni, odori, suoni, dolori, parole. La morte che simulava, a vederlo, era il risultato paradossale di una vita esplosa. Un caos irrefrenabile era ciò che crepitava sotto il suo mutismo e la sua immobilità.