Certe volte viene da sorridere quando certi personaggi sostengono che la loro vita sia un’avventura e che ne si dovrebbe trarre un libro, beh in questo caso Heinrich Harrer ha vissuto veramente un’epopea straordinaria che doveva essere raccontata.
Quello che mi ha colpito di questo libro in prima battuta è stata proprio la storia, abituato ad una vita tranquilla in una grande città sembra impossibile che ci si possa imbattere in questi avvenimenti: guerra, prigionia, fuga, stenti e privazioni. Ma quello che mi ha fatto riflettere è la fratellanza tra esseri umani che sanno aiutarsi a vicenda con naturalezza, senza chiedere nulla in cambio. Come è diverso dalla cultura del ’live and let die’ che vedo tutti i giorni.
La storia inoltre è ambientata in un paese ’esotico’ sconosciuto ai più e ricchissimo di cultura e tradizioni millenarie molto lontane dal modo di vivere occidentale. Vale veramente la pena approfondire la cultura e la religione tibetana, una religione che professa la sacralità della vita in ogni sua manifestazione, anche la più infima come quella di un verme. L’autore ci racconta come durante dei lavori di scavo, si fermasse il cantiere per rimuovere dei lombrichi! Lo stile di scrittura è semplice e diretto, quasi un diario di viaggio, sono pochi i commenti dell’autore, tutto ciò è lasciato al lettore che, messo di fronte a tanti fatti e situazioni, potrà trarne il giudizio e le riflessioni che questo straordinario paese merita.
Fabio