Recensione di “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di Philip K. Dick a cura di Fabio

pdickMi sono deciso dopo tanti anni a leggere il libro da cui è stato tratto il film Blade Runner.

Quello che mi ha trattenuto tutto questo tempo è la paura.

I personaggi e l’atmosfera di Blade Runner mi hanno colpito così profondamente che una rilettura, una messa in discussione, una differenza, una delusione, sarebbero state insopportabili.

E poi il titolo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”.. Non ci sono pecore nel film, tantomeno elettriche, no, decisamente troppo rischioso.

Ma si sa il tempo ci cambia, smussa gli angoli troppo acuti, ammorbidisce i muscoli troppo tesi, fa venire voglia di cambiare, di vedere il mondo in un altro modo, anche a costo di rischiare.

Ed è stato così che ho messo in gioco la visione della città sempre affollata e piovosa, gli androidi, Rick Deckard e tutti gli altri personaggi: hanno ripreso una nuova vita, ho iniziato il libro.

Androidi, pecore elettriche, laser, c’è tutto quello che un amante della SF può desiderare ma queste cose sono solo strumenti, colori nelle mani di un pittore, quello di cui si parla veramente è l’uomo, le sue percezioni, le sue emozioni, i suoi desideri più profondi, il senso della realtà e dell’empatia.

I personaggi si muovono fluidi in un mondo pieno di sfide e contraddizioni e lottano per tenersi aggrappati alla propria unmanità, lottano per non smarrire il senso della propria esistenza.

Cos’è la realtà? Cos’è che rende vivo un uomo? Da dove nasce il valore immenso che attribuiamo all’essere umano rispetto ad una macchina incredibilmente sofisticata?

Questa è la sfida intellettuale che ci pone Philip K. Dick, siete pronti a raccoglierla?

Fabio

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