La descrizione metaforica di Dalia Forti

Un’ interessantissima esecuzione di uno degli esercizi del corso di scrittura creativa della PC Academy:

 

L’enorme masnada di cuori si interrompe sulla rete di spine che la avvolge e fortifica impedendo agli occhi di guardare oltre. I cuori, verdi di clorofilla, si intersecano ad ampi raggi di piena estate, che si fondono con la durezza della contaminazione umana. Giochi d’acqua si innalzano fino al cielo, gettati da statue di maestosi lunghi serpenti dai vivaci colori: rossi, gialli, marroni. Attorno ci sono lunghi scivoli, utili a montare costruzioni di castelli, dorati; punte di lance si scagliano in alto per difendere il bastione. Sulla destra la miniera è in fermento, bolle di gas che sono lì poste per attendere il loro turno e fulgidi mantelli neri raccogli sozzura se ne stanno immobili a farsi accarezzare dalla stagione. E così, nell’intruglio morente, vi è anche una lunga torre da cui esce un rantolo nero, pasta di aria.

Le larghe file di pioli salgono fino al cielo e nel mentre si arrotolano su loro stesse, disegnando spirali ovali che arrivano alle alte torri. Di lì c’è una spessa punta, ferrosa, che attraversa l’intera fortezza. È pieno di anime rampicanti che buttano via di tanto in tanto colori vivaci e speciali, di varie forme, che seducono i passanti.

Gli enormi specchi riflettono aspetti contrastanti di una realtà diversamente colorata. Radura e ampia distesa fantasiosa di spazi e luce; trama complicata di fili e strutture apocalittiche. A unire le due parti, un lungo marmoreo giacente e astratto anfratto, che semina dolore qualora gli si venga incontro. E che scivolo!

Volpini e porcospini spazzano e gironzolano malvolentieri per mangiare polvere; tappeti volanti attendono il riposo placido degli ospiti per poterli coprire dalla lucente bellezza naturale che volteggia lassù.

All’orizzonte naviga un bastione di navi infantili, che galleggiano su minuscole piscine grandezza mini, con uomini senza testa e gambe a comandarle; si divertono a essere pettinati dai mostri dell’ampia valle ombrosa, dove si incontrano le più sottili bellezze.

I mostri cavalcano destrieri dai musi divisi in due e un lungo corpo longilineo, unito a due rotondità scorrevoli. Animali da battaglia che comandano i battaglioni del vicinato contro i nemici del castello accanto. Hanno persino armature fornitegli dal più alto lignaggio famigliare!

Ma un’altra creatura si vanta della sua indispensabile utilità: sono lucciole sparse, lì, attorno, immobili e statuarie per l’intera area, che splendono quando è morte, e si eclissano se è presente vita. Intuiscono furbescamente gli orari, si impiantano in strane forme, ma perlopiù i loro organi hanno l’aria arrotondata della buona salute. Sono ritmiche, ballano a tempo, accendono e spengono la loro fantasia. Non si può usarle senza un interruttore, il loro gioco inizia se qualcuno le spinge.

 

Dalia Forti

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